(Appiano, Storia romana, Le guerre civili, a cura di Emilio Gabba e Domenico Magnino, Torino, UTET, 2001, libro I)
“[71] Cinna e Mario entrarono dunque in città, mentre tutti li accoglievano con terrore, e furono messi a sacco, senza che nessuno lo impedisse, i beni di coloro che venivano ritenuti della parte avversa. Ad Ottavio Cinna e Mario avevano dato la loro parola ed auguri e indovini avevano predetto che non avrebbe subito alcun male; gli amici, però, gli avevano consigliato la fuga. Egli dichiarò che non avrebbe mai lasciato la città finché era console e, abbandonato il centro di Roma, si ritirò sul Gianicolo con i cittadini più autorevoli e ancora una parte dell’esercito. Si pose a sedere sulla sedia curule, vestito con la veste consolare, mentre i fasci e le scuri proprie dei consoli gli stavano a fianco. Mentre già Censorino con alcuni cavalieri correva verso di lui, gli amici e i soldati, che gli erano vicini, lo scongiurarono di nuovo di fuggire e gli portarono innanzi il cavallo; ma Ottavio non si degnò nemmeno di alzarsi ed attese di essere ucciso. Censorino gli mozzò il capo e lo inviò a Cinna: esso venne appeso ai rostri nel Foro e fu il primo caso per la testa di un console. Dopo la sua, anche le teste di altri personaggi trucidati vennero appese e questa orribile usanza, iniziata con Ottavio, non cessò più, ma divenne, poi, normale per coloro che venivano uccisi dai propri nemici. Si iniziò subito la caccia agli avversari, senatori e cavalieri: e mentre per questi ultimi, una volta uccisi, non vi era più nessun interesse, tutte le teste dei senatori, invece, venivano esposte sui rostri. In queste azioni non aveva più alcun valore né il timore degli dei, né il biasimo degli uomini, né la paura della vendetta, ma ci si dedicava ad imprese selvagge e poi ci si rivolgeva al piacere di spettacoli criminali, uccidendo senza pietà, mozzando i capi di uomini già morti ed offrendo agli sguardi di tutta la gente azioni nefande o per suscitare terrore e costernazione o per infame diletto della vista.
[72] Gaio e Lucio Giulii, due fratelli, Attilio Serrano, Publio Letullo, Gaio Numitorio e Marco Bebio, raggiunti nella pubblica via, vennero assassinati; Crasso, inseguito insieme al figlio, riuscì ad ucciderlo prima di essere ammazzato egli stesso dagli inseguitori. L’oratore Marco Antonio fuggì in campagna e fu accolto e nascosto da un contadino. Questi mandò un servo ad un’osteria per comprare del vino più fino che non l’usuale. Alla domanda dell’oste, perché acquistasse un vino più fino, il servo disse sottovoce il motivo e ne andò con l’acquisto. L’oste corse subito a svelare tutto a Mario, che, non appena ebbe udito, per la gioia fece un balzo, quasi volesse andar lui ad ucciderlo, ma fu trattenuto dagli amici. Un tribuno, inviato per l’incombenza, fece salire in casa dei soldati. Antonio, la cui eloquenza era dolce, li affascinò con lunghi discorsi, cercando di impietosirli e narrando molte e svariate cose, finché il tribuno, non comprendendo cosa stesse accadendo, salì anch’egli in casa e, trovati i soldati intenti ad ascoltare, uccise Antonio mentre ancora parlava e ne mandò il capo a Mario. [73] I servi salvarono astutamente Cornuto nascosto in una capanna: infatti, preso a caso un cadavere, lo posero sul rogo e, dato fuoco alla pira, ai ricercatori sopraggiunti dissero che bruciavano il cadavere del padrone, che si era impiccato. Mentre egli veniva salvato in questa maniera dai suoi servi, Q. Ancario aspettava l’occasione che Mario stesse sacrificando in Campidoglio, nella speranza che la sacertà del luogo avrebbe favorito la conciliazione. Ma all’avvicinarsi di Ancario e al di lui saluto, Mario, che aveva già iniziato il sacrificio, subito comandò ai suoi seguaci di ucciderlo nello stesso Campidoglio. La sua testa, insieme a quelle dell’oratore Antonio e di altri personaggi consolari o pretorii, fu esposta nel Foro. A nessuno fu concesso di dar sepoltura agli uccisi: i corpi di persone così illustri furono lacerati dagli uccelli e dai cani. Vi furono, inoltre, numerose uccisioni di rivoluzionari fra di loro senza alcuna giustificazione; si ebbero esilii di altri, confische dei beni, deposizioni dalle cariche e la cassazione delle leggi approvate sotto Silla. Dello stesso Silla tutti gli amici vennero uccisi, la casa abbattuta, i beni confiscati; egli stesso fu dichiarato nemico dello stato. Sua moglie e i suoi figli riuscirono a fuggire benché braccati. Veramente nulla mancò a queste sventure immense e di ogni genere.”