Roma cerca aiuto

“Fra le popolazioni della Gallia gli ambasciatori romani assistettero ad uno spettacolo impressionante poiché, secondo il costume di quei popoli, i cittadini vennero in assemblea coperti di armi. Quando, dopo aver esaltato nei loro discorsi la gloria ed il valore del popolo romano e la grandezza del suo dominio, gli ambasciatori chiesero ai Galli di non dare alcun passaggio attraverso le città ed i campi ad Annibale che portava la guerra in Italia, si dice che fra i mormorii si fosse levata una risata generale, tanto che a stento i giovani furono calmati dai magistrati e dai cittadini più autorevoli: così stolta e sfacciata apparve la pretesa dei Romani, che i Galli prendessero su di sé il peso della guerra ed esponessero al saccheggio i propri campi in luogo di quelli altrui, per impedire che la guerra passasse in Italia. Alla fine, sedate le proteste, fu risposto agli ambasciatori che i Romani non avevano alcun diritto alla riconoscenza dei Galli, né i Cartaginesi alcun torto verso di loro, perché i Galli prendessero le armi in favore dei Romani contro i Cartaginesi. Al contrario si sapeva che gli uomini della loro stirpe erano tenuti a forza lontano dai campi e dai territori dell’Italia dal popolo romano, che pagavano un tributo e che soffrivano una vergognosa soggezione. Pressappoco le stesse dichiarazioni furono fatte ed udite nelle altre assemblee della Gallia; nessuna espressione amichevole e pacifica fu udita prima che gli ambasciatori venissero a Marsiglia. Qui appresero ogni specie di notizie che i loro alleati avevano indagato con diligenza e con lealtà, cioè che l’animo dei Galli era stato già precedentemente guadagnato alla causa di Annibale; ma neppure a lui stesso quella popolazione sarebbe stata sufficientemente favorevole, tanto la natura dei Galli è fiera ed indomita, se la simpatia dei loro capi non stata via via accattivata con l’oro di cui quella gente è avidissima.
Così, percorse le terre della Spagna e della Gallia, gli ambasciatori ritornarono a Roma non molto tempo dopo che i consoli erano partiti per le loro province. Trovarono tutta la cittadinanza eccitata nell’attesa della prossima guerra, essendo ormai confermata la notizia che i Cartaginesi avevano passato l’Ebro.”

(Tratto da Tito Livio, Storia di Roma dalla sua fondazione, traduzione di Bianca Ceva, note di Mario Scàndola, Milano, Rizzoli, 1986, libro XXI)