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Il Foedus Cassianum

(Tratto da Dionigi di Alicarnasso, Le antichità romane, a cura di Francesco Donadi e Gabriele Pedullà, Torino, Einaudi, 2010, libro VI)

“[XCV] Simultaneamente con tutte le città latine si stipularono nuovi trattati di pace e di amicizia, associati ai giuramenti di rito, visto che esse non avevano tentato di promuovere la sommossa durante la secessione della plebe, erano apparse piene di gioia per il ritorno dei plebei ed era sembrato che avrebbero partecipato senza indugio alla guerra contro i rivoltosi. Il contenuto dei patti era di tal genere: ‘Ci sia pace vicendevole tra i Romani e le città, finché il cielo e la terra mantengano la stessa posizione. Né essi combattano tra loro, né portino guerre da altre nazioni, né a chi conduca nemici porgano strane sicure, aiutino con ogni mezzo chi di loro sia compromesso in una guerra, entrambi ottengano parti uguali delle prede e del bottino ricavato dai nemici comuni. Le sentenze sui contratti privati siano pronunciate entro dieci giorni nel territorio presso cui sia stato stipulato il contratto. A tali trattati non sarà consentito aggiungere o togliere alcunché se non quanto concordino Romani e Latini’. Questi trattati fecero comunque Romani e Latini tra loro, prestando giuramenti sulle vittime di rito. Il senato decretò che fossero offerte vittime in onore degli dèi in ringraziamento per la conciliazione con la plebe, aggiungendo un giorno alle feste che erano chiamate latine e che già avevano una durata di due giorni, il primo dei quali era stato proclamato festivo dal re Tarquinio, in occasione della vittoria sui Tirreni, il secondo era stato aggiunto dal popolo, quando scacciò il re e rese libera la città. A questi due giorni ne fu aggiunto un terzo per il ritorno dei secessionisti. La sovrintendenza e la cura dei sacrifici che si celebravano in quelle feste furono assegnate agli assistenti dei tribuni, cui è il potere che ora appartiene agli edili, come ho detto, e sono fregiati dal senato dell’onore della porpora, del trono d’avorio e degli altri ornamenti che erano di pertinenza dei re.”