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L’editto di Rotari

1. Nel nome del Signore, io Rotari, eccellentissimo e diciassettesimo re della stirpe dei Longobardi, nell’ottavo anno del mio regno col favore di Dio, nel trentottesimo anno d’età, nella seconda indizione e nell’anno settantaseiesimo dopo la venuta in Italia dei Longobardi, dove furono condotti dalla potenza divina, essendo in quel tempo re Alboino, [mio] predecessore, salute.

[…]

Il presente editto delle nostre disposizioni, che abbiamo composto con il favore di Dio, con il massimo zelo e con le massime veglie concesseci dalla benevolenza celeste, ricercando e ricordando le antiche leggi dei nostri padri che non erano scritte, e che abbiamo istituito, ampliandolo, con pari consiglio e consenso con i principali giudici e con tutto il nostro felicissimo esercito, quanto giova al comune interesse di tutta la nostra stirpe, abbiamo ordinato che sia scritto su questa pergamena, esaminandolo attentamente e tuttavia riservandoci questa [sola] condizione di dover aggiungere a questo editto quanto ancora saremo in grado di ricordare, consentendolo la divina clemenza, con un’accurata ricerca delle antiche leggi longobarde, sia da noi stessi sia grazie a uomini anziani; e inoltre anche confermandolo con il gairethinx, secondo l’uso della nostra stirpe, in modo tale che questa legge sia stabile e sicura, perché nei nostri felicissimi tempi e in quelli futuri sia conservata in modo stabile ed inviolabile da tutti i nostri sudditi.

[…]

2. Quanta è stata, ed è, la nostra sollecitudine per la prosperità dei nostri sudditi lo dimostra il tenore di quanto è aggiunto sotto, principalmente per le continue fatiche dei poveri, così come anche per le eccessive esazioni da parte di coloro che hanno maggior potere, a causa dei quali abbiamo saputo che subiscono violenza. 3. Per questo, confidando nella grazia di Dio onnipotente, ci è parso necessario promulgare migliorata la presente legge, che rinnova ed emenda tutte le precedenti ed aggiunge ciò che manca e toglie ciò che è superfluo. Vogliamo che sia riunito tutto in un volume, perché sia consentito a ciascuno vivere in pace nella legge e nella giustizia e con questa consapevolezza impegnarsi contro i nemici e difendere se stesso e il proprio paese.

Guidrigildo

[Leggi longobarde, cc. 48-53 (anno 643)]

48. Dell’occhio levato. Se qualcuno strappa un occhio ad un altro, si calcoli il valore [di quell’uomo] come se lo avesse ucciso, cioè secondo il rango della persona; e la metà di tale valore sia pagata da quello che ha strappato l’occhio

49. Del naso tagliato. Se qualcuno taglia il naso ad un altro, paghi la metà del valore di costui, come sopra.

50. Del labbro tagliato. Se qualcuno taglia il labbro ad un altro, paghi una composizione di 16 solidi e se si vedono i denti, uno, due o tre, paghi una composizione di 20 solidi.

51. Dei denti anteriori. Se qualcuno fa cadere ad un altro un dente di quelli che si vedono quando si ride, dia per un dente 16 solidi; se si tratta di due o più [denti], di quelli che si vedono quando si ride, si paghi e si calcoli la composizione in base al loro numero.

52. Dei denti della mascella. Se qualcuno fa cadere ad un altro uno o più denti della mascella, paghi per un dente una composizione di 8 solidi.

53.Dell’orecchio tagliato. Se qualcuno taglia un orecchio ad un altro, gli paghi una composizione pari alla quarta parte del suo valore.

54. Della ferita al volto. Se qualcuno provoca una ferita al volto ad un altro, gli paghi una composizione di 16 solidi. […]

[Leggi longobarde, cc. 70-75 (anno 643)]

70. Se qualcuno ha troncato l’alluce di un altro, si compone (la lite) con sedici soldi.

71. Se ha troncato il secondo dito, si compone con sei soldi.

72. Se ha troncato il terzo dito, si compone con tre soldi.

73. Se ha troncato il quarto dito, si compone con tre soldi.

74. Se ha troncato il quinto dito, si compone con due soldi. 75. Per tutte queste piaghe o ferite sopra descritte che siano accadute tra uomini liberi, abbiamo perciò posto una composizione di maggiore entità rispetto ai nostri predecessori, affinché la faida, che è inimicizia, dopo accettata la sopraddetta composizione, sia posposta e non si richieda più oltre.”