Diocleziano e la tetrarchia

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Un cinquantennio di instabilità

Nel 235, alla morte di Alessandro Severo, ultimo imperatore della dinastia dei Severi, si aprì un periodo di grande turbolenza e crisi, noto come “anarchia militare”. Nell’arco di circa 50 anni si susseguirono al potere numerosi imperatori che vennero acclamati dall’esercito direttamente sui campi di battaglia: si trattava perlopiù di comandanti dalla grande esperienza militare, amati dalle loro truppe e per questo investiti del potere assoluto ma che, con la stessa veemenza, spesso vennero uccisi o spodestati. L’instabilità politica data da questa situazione era aggravata anche dalla concomitanza di altri fattori, come le frequenti invasioni barbariche nei territori dell’impero, le epidemie di peste e le carestie, le secessioni di intere province. Questa non fu la prima crisi che l’impero romano dovette affrontare, ma fu sicuramente
la più grave, che rischiò di metterne in dubbio la stessa sopravvivenza. (Nell’immagine, un particolare
del sarcofago detto “Grande Ludovisi”, risalente al III secolo d.C.,
che ritrae una battaglia tra Romani e barbari.)

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La riforma politica di Diocleziano

L’ascesa al potere di Diocleziano, nel 284, sembrò segnare la fine della grande crisi e delle turbolenze dell’anarchia militare. Di umili origini, Diocleziano salì al trono imperiale proprio mentre il mondo romano
si trovava sottoposto a fortissime pressioni sia esterne, con le minacce delle popolazioni barbariche,
sia interne, con una profonda crisi economica che dilaniava la società romana. L’imperatore si rese immediatamente conto che per un unico sovrano era impossibile mantenere il controllo su territorio
così vasto come quello romano, o impedire i tentativi di colpo di stato. Decise quindi di affiancarsi
a Massimiano, un generale di sua fiducia che venne elevato al rango di Augusto, cioè di imperatore,
già all’inizio del 286. Costui aveva lo stesso potere di Diocleziano, ma una minore autorità: la preminenza
di Diocleziano era testimoniata dall’epiteto Giovio (sotto la protezione di Giove), mentre Massimiano venne
chiamato Erculio (da Ercole, figlio di Giove). Diocleziano si era riservato l’incarico di difendere l’Oriente,
mentre a Massimiano era stato affidato l’Occidente: questa suddivisione permise di controllare a est
i minacciosi Persiani, mentre a ovest consentì la sconfitta di pericolosi ribelli.

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Nuove capitali strategiche

Dal 292 venne formalmente instaurata la tetrarchia, con l’affidamento delle prefetture ai due Cesari Galerio e Costanzo: lo Stato romano restava formalmente unito, ma il comando veniva suddiviso in quattro settori più piccoli, a capo dei quali era posta una persona responsabile della difesa e dell’amministrazione.
Le quattro capitali dei tetrarchi erano collocate in luoghi strategici vicino ai confini considerati
più problematici, in modo tale da poter intervenire più tempestivamente in caso di minacce esterne.
Così, Costanzo e Galerio si stabilirono in città nei pressi del Reno e del Danubio, Massimiano scelse Milano,
ai confini settentrionali dell’Italia, e Diocleziano Nicomedia, in posizione comoda tra Mar Nero e
Mediterraneo, tra il Danubio e l’Oriente. Significativo è il fatto che nessuno degli imperatori scelse Roma
come sua sede: la culla dell’impero stava diventando ormai una città periferica dal punto di vista
strategico, utilizzata soltanto come luogo simbolico e cerimoniale. (Nell’immagine, una moneta
dell’imperatore Massimiano raffigurante i tetrarchi che giurano davanti a un tripode, 295-297 d.C.)

Diocleziano e la tetrarchia

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L’impero scosso dall’anarchia militare
Un nuovo assetto politico
La nascita
della tetrarchia